martedì 29 dicembre 2015

Star Wars - The Force Awakens [una recensione piena di SPOILER]

Oggi sento la necessità di parlare di Star Wars, un po' come si sente la necessità di parlare con degli amici, davanti a una birra, di tutte quelle cose difficili che ti succedono nella vita.
Ecco, per me questo Episodio VII è uno di quei momenti difficili della vita, principalmente perché ancora non sono riuscita a metabolizzarlo. Cioè, non ho capito se mi piace oppure no, per cui ogni volta che mi chiedono "Ma a te Episodio VII è piaciuto?" io vengo presa da attimi di panico peggio di quelli che ti vengono quando ti chiedono cosa fare a capodanno.
Dunque cercherò di spiegarmi al meglio possibile per farvi capire il mio punto di vista su tutta questa storia. E scusate se scrivo troppo, ma era il momento di eviscerare.



In Generale

Quello che posso dirvi fin da subito è che non ho apprezzato affatto quelli che sono stati contro a prescindere, quelli che pare che J. J. gli abbia ammazzato il cane e quelli che si sono schierati subito in favore di questo film parlando di un capolavoro. Le reazioni estreme le ho mal sopportate, anche perché trovo che questo non sia un film da reazione estreme. Probabilmente è quel genere di film che si potrebbe cominciare ad apprezzare con il tempo, come dimostra ad esempio il fatto che io ho dovuto vederlo due volte prima di pensare di poterne scrivere.
Nel complesso non riesco a dire che il film sia veramente ma veramente brutto.
Certo, partivo già dal presupposto che si trattava di una sfida molto complicata. Detto da una che non è nessuno, se un giorno qualcuno mi avesse proposto di sceneggiare il continuo di Star Wars io avrei rifiutato. Questo perché da un lato ci sono cresciuta e non me la sarei mai sentita di mettere le mani in qualcosa che secondo me era perfetta così com'era, e soprattutto perché si sarebbe trattato di entrare in qualche modo nella storia del cinema, dovendo fare i conti con tutto il peso che questa cosa comporta.
Sapevo perfettamente che questo film non sarebbe stato un capolavoro, semplicemente perché gli sceneggiatori non erano tranquilli ed avevano una serie di paletti da rispettare, come è ovvio che sia. Era una sfida persa in partenza.
Quello che credo abbiano cercato di fare è creare un film che andasse d'accordo con tutti i nostalgici, e allo stesso tempo che cercasse di coinvolgere nel fenomeno "Guerre Stellari" anche tutta quella marmaglia di coglioni che non vogliono vedersi i film vecchi solo perché "sono vecchi".
Per fare questa cosa secondo me hanno agito su due livelli: hanno riempito il film di citazioni per nostalgici per accattivarsi il vecchio pubblico, e hanno dovuto inzottare tutta la parte centrale del film con spiegoni che rendessero al nuovo pubblico più semplice capire il filo narrativo derivante dalle vecchie saghe.

L'inizio non era male, prometteva anche bene. Credo che i problemi veri e propri sorgano esattamente nel momento in cui si è posta la necessità di dover dare spazio e presentare Han Solo.
Ho visto questo film due volte. La prima volta non mi ha lasciato niente di buono, la seconda volta, invece, ho fatto più attenzione e sono riuscita ad apprezzare alcuni dettagli in più che mi hanno fatto ricredere su un mio iniziale rifiuto.
Ma andiamo con ordine.

I Colpi di Scena

Credo che ci sia stato un serio problema nella scrittura stessa dell'episodio. Avendo fatto una scuola di sceneggiatura non solo votata ai fumetti ma anche al cinema, ho studiato che per strutturare bene la storia (qualsiasi tipo di storia) ci devono essere dei precisi punti da tenere presenti, anche per dare il ritmo alla trama. Questi punti, detta in soldoni, sono l'incipit (situazione di equilibrio), il primo colpo di scena (situazione di squilibrio), il punto centrale (in cui si arriva ad affrontare nella maniera più pesante il conflitto), il secondo colpo di scena (cui segue la situazione di riequlibrio).
Io credo che abbiano pisciato il primo colpo di scena e il punto centrale. Per come l'ho vissuta io, loro hanno messo dalle parti del primo colpo di scena il fatto che il cattivo, Kylo Ren, fosse il figlio di Han e Leia, l'hanno buttato così, senza creare un pathos su questa specie di segreto. Poi hanno messo come secondo colpo di scena la morte di Han Solo.
Ecco, l'errore è stato qui: dovevano costruire un mistero sul fatto che il figlio di Han e Leia fosse "prigioniero" (o nelle mani) del Primo Ordine, e solo al momento in cui Han viene ucciso (o subito prima) si doveva scoprire che ad ucciderlo è stato suo figlio.
Badate bene, non intendo dire che Han doveva scoprire che suo figlio fosse Kylo Ren mentre moriva. Intendo dire che NOI dovevamo scoprirlo solo in quel momento.
A dire il vero mi era piaciuta molto quella strana sensazione conflittuale che mi avevano fatto nascere nel pensare che forse il cattivo votato al lato oscuro fosse Luke. Secondo me dovevano sfruttare meglio questa specie di metagioco che si era venuto a creare nei fans e tirare su questa scia fino al momento dell'agnizione di Ben, così come sembrava volessero fare nelle prime battute del film, in cui si sottolinea che Kylo poteva essere messo fuori gioco da una serie di problematiche "familiari" dovute al coinvolgimento di Han.

Quando ho detto questo mio punto di vista ad alcuni amici, questi mi hanno fatto notare che forse gli sceneggiatori non hanno preso questa strada per non ripetere la scena di Vader e Luke dell'Impero Colpisce Ancora. Sinceramente? Hanno voluto fare tante di quelle citazioni alla vecchia serie, che secondo me ci sarebbe stato questo colpo di scena costruito così, a maggior ragione perché si trattava di citare forse il miglior colpo di scena di tutta la storia del cinema. Sono stata molto delusa.
Oltretutto c'è da dire che tutta la trama procede in maniera estremamente lineare, con una serie di eventi che si susseguono meccanicamente, freneticamente, senza creare una vera e propria sensazione di aspettativa, di scoperta e di pathos.
Questa cosa è stata lucidamente espressa da Marco nel suo BLOG con le seguenti parole:
1. Primo errore pesante, secondo me il più grave: per tutto il film manca la sensazione di scoperta e pathos che invece pervadeva i precedenti, grossomodo anche I-II-III. Tutte le azioni sono largamente anticipate dai dialoghi e dagli accordi fra i personaggi, e NIENTE va mai diversamente da quanto pianificato. Ora andremo a prendere le informazioni su Luke, ok, qualcuno nel frattempo crepa, ma le prendono. Ora andremo a parlare con una persona che porterà BB8 alla base, vanno, la trovano, ci parlano, e poi BB finisce alla base. Ora andremo a distruggere lo Starkiller facendo saltare l'accumulatore e poi distruggendolo poichè l'energia senza accumulatore farà collassare l'arma, e va esattamente così. Questo è seccante, e dopo la prima metà del film in cui capisci che andrà così, cominci a non aspettarti niente di diverso.
Han Solo doveva morire

Adesso vi dico un fatto: sono una di quelle (poche) ragazze che sono cresciute guardando più volte Star Wars che La Sirenetta (o qualsiasi altra principessa a cazzo), e il mio personaggio preferito, un punto di riferimento costante, è sempre stato Han Solo. Per questo motivo la morte di Han credo mi abbia traumatizzata in maniera considerevole, ma devo confessare che non ho pianto.
Io sono una che piange al cinema, anche spesso, perché entro nelle storie e mi lascio emozionare molto. Però questa volta no, non solo perché quella scena era totalmente telefonata (telefonata, guarda caso, dal momento esatto in cui ho scoperto che Ben era suo figlio), ma anche perché ero certa che un personaggio scomodo come Han, estremamente carismatico, doveva essere eliminato in qualche modo.
Si potevano fare un sacco di scelte, riguardo i vecchi personaggi della vecchia serie. Potevano dargli un ruolo secondario, da Leader (come hanno fatto con Leia), e potevano dargli un ruolo centrale (come hanno fatto con Han).
Se fossi stata in loro, avrei cercato in ogni modo di dare ai personaggi vecchi un ruolo simile a quello di Leia, perché si sa che sono personaggi molto forti che in qualche modo avrebbero monopolizzato la storia. Un personaggio come Han, a te sceneggiatore, sicuramente finisce con lo scapparti di mano, prende direzioni che non volevi. So perfettamente che nel momento in cui hanno scelto di dargli un ruolo principale hanno firmato automaticamente anche la sua condanna a morte. Han doveva morire, era ingestibile. E lo si capisce anche vedendo la pessima scelta che hanno trovato per farlo saltare in mezzo alla storia: il destino ha deciso che quei due, scappando, finissero nel Falcon e, sempre il destino, ha deciso che a trovarli dovesse essere proprio Han. Questo tema del destino era forte anche nella vecchia trilogia, ma non così fottutamente predominante. Altro errore.
Quando troviamo Han, siccome hanno scelto (come vi dicevo prima) la strada di far conoscere la vecchia saga anche ai novellini, hanno dovuto necessariamente presentarlo in qualche modo. E lo hanno fatto nella maniera più inutilmente spettacolare possibile: facendolo rincorrere non da UNA ma da DUE squadre di cacciatori di taglie. Era veramente necessario?
Il personaggio di Han in pochissimi minuti da super Canaglia diventa un vecchietto buontempone. Non mi è piaciuto il modo in cui hanno reso le battute eccessivamente cariche. Lo hanno fatto diventare quasi una macchietta. Altro errore.
Ma c'è da dire una cosa: quasi tutte le ragazze fan di Star Wars con cui ho parlato, hanno visto in Han Solo il loro personaggio preferito. Non prendetevela, è un dato di fatto che alle ragazze piaccia la Canaglia, soprattutto a ragazze che, pur non facendolo con coscienza, si immedesimano molto in Leia.
Rey è un personaggio che in qualche modo, diventando nuova pilota del Falcon, andando d'accordo con Chewbacca, e trovando in Han una figura paterna, fa da ponte di collegamento emotivo con tutte queste fan di Star Wars e con le nuove fan che hanno così modo di sentirsi in qualche modo più coinvolte nella vicenda. Questo, secondo me, è stato un buon numero, mi è piaciuto, e come sempre devo sottolineare che è molto in linea con le tendenze degli ultimi anni in cui si mostrano donne forti, maschiacce, padrone di loro stesse e che non aspettano di essere salvate dal principe azzurro, tendenza che, secondo me, nella storia del cinema si rispecchia perfettamente nel personaggio di Leia Organa, forse la donna "fantasy" più cazzuta della storia, principessa da salvare, sì, ma fino a un certo punto.
Posso dire una cattiveria? Quando mi hanno ucciso Han (il MIO Han), mi è venuto da pensare: Ma porca merda, non potevano fare fuori Leia? È diventata una vacca!

I Nuovi Personaggi



Analizziamo la vecchia serie: c'era il ragazzotto di campagna che voleva un grande futuro, animato da grandi ideali; c'era la principessa con due palle cubiche che lottava per la libertà e la democrazia; c'era una canaglia a cui fregava solo di sé stesso, in apparenza, ma che alla fine si rivelava essere un puro di cuore, un uomo mosso da qualche ideale, più di amore e amicizia che da una reale volontà di ribellione allo stato delle cose.
E poi il cattivo dei cattivi, il cui segreto consiste nel conservare ancora parte della sua umanità.
Oggi chi abbiamo in soldoni?

Poe Dameron
È un super pilota mosso da... ideali? Presumibilmente sì, ma non è che si capiscano proprio alla grande le sue super motivazioni. È ben caratterizzato nel modo di porsi, negli atteggiamenti, questo lo rende un personaggio apparentemente interessante, ma è davvero un personaggio profondo?
Qualcuno lo vede come il futuro Han Solo. Secondo me è un personaggio che di Han conserva solo in parte la sua ironia e arroganza, forse un po' il modo di vestire, ma secondo me sarà un personaggio completamente diverso.

Rey. 
Parliamone. Dovrebbe rappresentare quello che un tempo era stato Luke, ma l'ho trovata un personaggio a dir poco trasparente. E non intendo solo fisicamente. Come Luke ha qualche reticenza a lasciare il suo pianeta e ha un rifiuto iniziale verso la "chiamata" della spada laser.
A Luke viene trucidato ciò che resta della sua famiglia, da qui la potente motivazione che gli fa accettare in qualche modo la sua missione.
La motivazione di Rey come viene espressa? Uno psicopompo alieno di cui nessuno ha mai sentito parlare e che sta anche piuttosto sul cazzo, le dice che deve guardare avanti (e mi viene in mente Yoda quando dice di Luke "Durante tutta la sua vita lui guardato lontano, al futuro, all'orizzonte; mai la sua mente su dove lui era, su ciò che faceva") per ritrovare la sua famiglia. Che sia l'ennesimo modo di farci capire che stanno preparando dei colpi di scena banali e telefonati?
La faccia della tipa ricorda in maniera impressionante Anakin dell'Episodio I. Vi prego, inventatevi qualcosa di meglio che nuove discendenze Jedi.

Sia di Poe che di Rey conosciamo quello che sanno fare attualmente a livello di capacità di combattimento estremamente facili da esteriorizzare. Ma per quanto riguarda la loro introspezione, i loro conflitti, i loro segreti e le loro menzogne, in realtà non conosciamo niente. Ed è facile dire "poi si vede nei prossimi film" perché, a dirla tutta, in Episodio IV questi conflitti e quelli che sarebbero potuti maturare successivamente erano già ben visibili, da toccare con mano.

FN-2187
Detto Finn, credo sia l'unico personaggio che abbia avuto una scrittura vincente. L'idea di far pentire uno Stormtrooper è in sé qualcosa di geniale per una serie di motivi. Prima di tutto ti fa capire subito che il Primo Ordine non è L'Impero. Nell'Impero una cosa del genere non poteva succedere. La sua storia, seppure accennata, la si capisce abbastanza bene e fornisce un quadro preciso anche delle modalità con cui il Primo Ordine si muove: rapisce i bambini e li addestra a diventare reclute prive di personalità e obbedienti agli ordini, anche quelli più crudeli. Le motivazioni che muovono questo personaggio sono forti, funzionano, si capisce che vuole scappare e non ha ideali, ma allo stesso tempo si capisce anche che qualcosa, che sia la volontà di giustizia o un'attrazione verso Rey, gli creano un conflitto interiore che fa venire fuori quello stesso meccanismo che rendeva Han Solo un personaggio vincente della vecchia saga. Credo che sia lui un nuovo Han Solo, più che Poe Dameron.

Kylo Ren




Ha fatto schifo a quasi tutti quelli con cui ho parlato, ma io non sono per forza della stessa idea. Trovo che in generale l'idea che un ragazzino stupido e sociopatico si metta in testa di fare il super cattivo perché, contrariamente al volere dei genitori, si è trovato ad idolatrare il nonno, sia un'idea vincente, che ben si rivolge alle nuove generazioni di ragazzini.
Questo cattivo è un cattivo isterico, insicuro. Rabbia, insicurezza, paura, sono tutte cose che portano al lato oscuro, ed è giustissimo vedere un cattivo in formazione, un cattivo che non ha ancora completato il suo addestramento per diventarlo a tutti gli effetti. La maschera credo che la tenga proprio per far sì che nessuno lo guardi in faccia, siccome ha un viso che tutto è tranne che un viso da cattivo. è un personaggio molto complesso che non mi è dispiaciuto affatto, nemmeno nelle sue sparate di cazzo quando se la prende con i macchinari della base dimostrando tutta la sua frustrazione da checchina.
Devo segnalare un altro pesante errore della sceneggiatura: nel Ritorno dello Jedi, quando Luke è su Endor e si consegna a Darth Vader, si scambiano alcune battute circa il conflitto interiore di Anakin. La risposta di Vader è "In me non c'è nessun conflitto", e il ragazzo viene consegnato all'Imperatore. Quella scena si chiude su Vader che scruta l'orizzonte.


Una scena muta, piena di significato, perché senza spiegazioni ed in pochissimi secondi, un essere privo di un viso espressivo riesce a farti capire immediatamente tutto il suo effettivo conflitto interiore. Una scena eccezionale.
In questo nuovo film a un certo punto vediamo Kylo Ren che parla con la maschera scamazzata di Vader dicendo in una maniera estremamente didascalica e per lo più ridicola di essere in un profondo conflitto, sentendo il richiamo del lato chiaro. Quella scena mi ha fatto piangere dalle risate, prima di tutto perché vedere un cattivone che fa la checchina perché non vuole essere buono è proprio una scena ridicola, ma soprattutto mi ha fatto ridere perché ho percepito precisamente la difficoltà degli sceneggiatori di riuscire a descrivere uno stato d'animo profondo e complesso, che richiedeva forse una scena più intima, muta, e non così maledettamente didascalica. Sono stati degli incapaci, e questo errore in un film che vive nella scia di un capolavoro che è stato in grado di creare quella che vi ho postato, non è affatto perdonabile.

La Musica

Non so se avete inoltre notato un grande assente: la musica. Non c'è un tema, o una musica particolarmente avvincente per sottolineare la battaglia. Abbiamo il solito tema della Forza, abbiamo un vago accenno al tema imperiale, abbiamo il tema per Rei, specifico, leggero, femminile, ma non abbiamo una cazzo di colonna sonora memorabile che sia all'altezza non solo della Saga originale, ma anche della Saga degli episodi I-II-III (di cui si può parlare malissimo da qualsiasi punto di vista, ma non per quanto riguarda l'aspetto musicale).

Conclusioni

Non posso dire che il film non mi è piaciuto affatto, ma non è un film che secondo me si presenta all'altezza della saga originale. C'è da dire che preferisco di gran lunga questo Episodio VII a Episodio I-II-III in blocco.



Ci sono una serie di cose che mi sono piaciute un botto, come ad esempio alcune camere nella fuga del Falcon dai caccia imperiali su Jakku, tutte le camere che riguardano in generale le battaglie con i caccia, la sensazione di essere finita in un mondo che vive ed esiste anche quando esco dal cinema, l'idea di aver rivisto i vecchi attori in gioco.
Ho trovato effettivamente meravigliosi alcuni scenari, soprattutto quelli di Jakku. L'idea stessa che ci fossero le enormi astronavi dell'ormai antico Impero spiaggiate (letteralmente) a fare da antichi reperti archeologici da cui la popolazioni trae il suo sostentamento rivendendo pezzi al mercato, è stato veramente un colpo di genio di quelli alla George Lucas, quelle cose che nella vecchia Saga ti facevano pensare che quel mondo non smettesse di vivere quando la macchina da presa smetteva di riprenderlo.
Insomma, ha il suo fascino anche quell'ultima bellissima scena in cui vediamo quello sguardo di Luke, uno sguardo che ti lascia aperto a infinite possibilità.

Quelle cazzate che ci sono, però, sono veramente pesanti.
Posso anche soprassedere sulla morte del MIO Han, ma non posso sopportare che la ovvia e prevedibile rabbia di Chewbacca venga lasciata passare così in secondo piano. Chewbe in quel momento doveva rappresentare la rabbia di un'infinità di fan che si vede privato di un caposaldo della propria giovinezza, doveva impazzire, distruggere tutto, e invece si esibisce in un semplice lamento e poi va a prendere il Falcon parcheggiato in seconda fila per scappare.
Non voglio allungare ancora il brodo con le altre cose che mi hanno fatto schifo, per cui ve le accenno soltanto, tanto sapete bene di che parlo: il risveglio di R2; l'implausibilità delle motivazioni che hanno fatto allontanare Luke dal suo compito; l'idea che tutto il bordello fatto è per trovare un pezzo di una mappa; l'idea che il cattivo basa la sua esistenza partendo dall'esempio di suo nonno, ignorando totalmente il fatto che il nonno alla fine si è redento (!!!).
Come vi dicevo, il film in sé non è male, se non fosse esistita la saga originale. Me lo rivedrei anche con piacere, ma resta sempre il fatto che non rappresenta quello che io mi sarei aspettata da J. J. Abrams.
Molti obiettano che tutte queste cose lasciate in sospeso in questo primo episodio di una trilogia, saranno ben motivati e spiegati nei successivi film. Io posso anche dare ragione a queste persone, però, sinceramente, ragionare in vista di spiegazioni successive secondo me è sbagliato. Dovevano fare un film che fosse equilibrato, che lasciasse spazio e dubbi da evolvere nei successivi episodi, ma non così tanti. Soprattutto non sono sicura che riusciranno a giocarsi bene tutte le cose che si sono voluti conservare per il futuro.
Certamente una sceneggiatura scritta così male e con così tanti buchi di trama non me la sarei aspettata per un film che è stato così tanto atteso. Trovo anche offensivo che abbiano trattato lo zoccolo duro dei fans in questo modo, ammiccandoci con robetta come citazioni qui e lì e con promesse ottimamente espresse dai meravigliosi trailer, per poi sperare che noi fossimo come il resto del mondo, ovvero una massa di pecore stregate dal vecchio cast e da trovate che possono far piacere solo alla nuova generazione di filmofili che si lasciano stregare da qualche battutina del cazzo e da scenari degni di nota.
Oltretutto ci hanno dato giù pesante con i cosiddetti "fan services", cioè hanno cercato di ripetere lo schema di "Una Nuova Speranza", ci hanno infilato dentro un botto esorbitante di citazioni, e facendo questo, a mio parere, non hanno fatto altro che appesantire il tutto.
Le citazioni, quelle belle e fatte bene, ci sono anche, come la scelta di quelle strane dissolvenze da una scena e l'altra, la scelta di replicare alcune inquadrature che ammiccassero alla vecchia saga, la scelta di ambientare l'inizio di tutto questo su un pianeta deserto, la scelta di usare un droide che allo stesso tempo è esattamente alla Star Wars e qualcosa di completamente innovativo.
E comunque sì, mi è piaciuto, quando dimentico di cosa si sta parlando.
Spero vada meglio, in futuro e che sappiano giocarsi bene le loro carte per risollevare una situazione che ha creato decisamente molto scompiglio. 

martedì 15 dicembre 2015

Chameleon's Dish - Capitolo XVI

Rosencrantz e Guildenstern




“Perché un Pub?” chiedo a Adriano.
“Perché così ha deciso Luca”
“Cazzo, ma ancora gli date retta?”
“Senti, Al, lo sai come fa Luca: se non si va al Pub quello mette il muso e rompe il cazzo a raggio.”
“Eh, è esattamente questo uno dei motivi per cui mi sono rotto di uscire con voi.”
“Dai, che sono tutti contenti di rivederti!”
Michele mi ha visto arrivare da lontano e mi è quasi saltato addosso gridando “CONAN!”.
L’impatto è stato deleterio per quel menisco che mi fa male da quella volta che cademmo tutti e due dal motorino, quando uno stronzo di tassista ci tagliò la strada a Salita Arenella.
Michele tiene sempre la stessa faccia di cazzo e come al solito non parla mai di cose serie. Dice che si tiene una, adesso, ma secondo lui non è un fatto serio. Io dico che la tipa lo tiene per le palle.
“Le hai mostrato il puparuolo?” gli chiede Adriano, con la sua solita delicatezza.
“Lollissimo!" dice Michele, uccidendomi con il suo orribile intercalare "Ci siamo fittati una stanza in quell’alberghetto…”
“Un albergo a ore?” gli chiedo.
“Sì.”
“Ma che schifo, perdio”. Mi viene da ridere. Michele mi fa la faccia brutta. Dice che ci deve andare per forza, nell’albergo a ore, perché a sua madre non va più a genio che lui le porti squinzie a cazzo a chiavare in casa. E la squinzia a cazzo del momento è appena maggiorenne. Mentre lui ha quasi trent’anni.
“Pure tu con le creature, mo?” Fa Adriano.
“Perché chi?”
“Al!”
È arrivato il momento in cui cominciano a farsi i cazzi miei.
“Wa mostro!” mi dice Michele, e mi tira una pacca sulla spalla. “Come hai fatto? Conan!”
“Niente, ci siamo visti e gliel’ho buttato. Fine.”
“E mica solo una” continua Adriano, che manco chiude il cesso.
“Quante?”
“Una ventina” faccio.
Luca, che è quello che sta sempre incazzato per qualcosa, mi lancia un’occhiataccia.
“Che c’è?” gli chiedo “non ci credi?”
“Sei un pallista”. Il suo tono è piatto e saccente come sempre. Sarà dovuto al fatto che è brutto come la morte e tutte le ragazze che ha avuto erano dei cessi aberranti e pure antipatici.
“Vabè, si sa che Al è andato sempre male in matematica” dice Adriano “Oggi ha scoperto come si scambia il due per il venti”
“E comunque sto messo meglio di voi” aggiungo, per puntualizzare. Ridono tutti tranne Luca.
Arriviamo a un pub di merda di moderna apertura. La specialità messa sul cartellone fuori, su una specie di bacheca, è il panino fatto con il pane nero al carbone, una di quelle cose che mi fa senso solo a vederlo.
“No, ma quello è buono” mi dice Michele “non sa di carbone.”
“Ha un’aria cancerogena” faccio.
"E tu sei un esperto" mi fa Adriano, cogliendo la palla al balzo. Michele non capisce.
"Perchè?" chiede.
"Perchè suo padre è morto di cancro, no?" Interviene Luca aspramente. La situazione si raggela. Mi metto a ridere. La situazione si distende un po'.
Sento Adriano che dice a Michele "un fulmine, tu, eh?"
"Oh, ma che vuoi!"
Luca è convinto di essere un talent scout dei pub. Ogni stracazzo di pub del Vomero lui ci entra, se lo studia e mette una recensione su Trip Advisor. Mi chiedo come sia possibile che uno con così poca intelligenza culturale riesca a scrivere così tante recensioni.
Mi danno il Menu. Mi faccio il conto che il panino che voglio costa sette euro, la birra sei. Siccome gli altri mangiano come la merda e probabilmente vorranno pagare alla romana, già so che dovrò cacciare almeno venti euro. Erano gli ultimi venti che dovevano durarmi fino a fine mese e oggi siamo al quindici. Fanculo i pub.
Luca ordina il suo standard: panino con cotoletta di pollo e patatine fritte, più una porzione di patatine e wurstel. Eccolo qui, il degustatore di frittura standard con le sue recensioni obiettive.
“Ce l’avete la senape?” chiedo.
“No” mi fa la tipa.
“Allora per me un numero 12”
“Sicuro?”
“Sì.”
“Con le cipolle?”
“Sì.” Non riesco a capire perché sta tipa non voglia farmici mettere le cipolle nel mio panino.
“Forse perché ti si vuole ammoccare” dice Adriano.
“Seh, come no.”
Michele dice "Looool!" E a me per l'ennesima volta si torce il fegato.
Luca si prende la birra più di merda che hanno. Io provo la Guinness, che mi arriva annacquata e spillata male. Il panino, poi, sembra cartone e la cipolla è l’unica cosa che ha un sapore.
“Questo pub fa schifo” dico.
“Che?” mi fa Michele. Non riesce a sentirmi perché c’è un casino di pazzi.
“Questo pub fa schifo!” grido. La tipa del tavolo accanto mi guarda male.
“No, a me non dispiace” dice Luca. Per l’ennesima volta ho la conferma che è un coglione che non capisce un cazzo. Le sue patatine sono talmente unte che quando beve la sua birra lascia un alone di olio sul bicchiere.
“Ma con Maria come va?” mi fa Michele. Non rispondo.
“Michele sei il solito culo” dice Adriano. È evidente che mi ha letto nel pensiero, meno male che c’è lui.
“Ah, scusa, vabbé, pensavo volessi parlarne!” dice Michele.
“Non vedo come potrei, sarei costretto a urlare” spiego. Credo che Michele non mi abbia capito, dice solo lol, sommessamente.
Luca passa buona parte del tempo a spiegarmi come sono andati male i suoi ultimi colloqui di lavoro. Un tipo di un’azienda gli ha pisciato in mano perché voleva mandarlo per uno stage all’estero e lui ha rifiutato.
“Ma che cazzo dici?” faccio “Perché hai rifiutato?”
“Eh, maddai, non ho mica bisogno di andare all’estero per fare quello che faccio benissimo anche qui” E lo dice con quella sua maledettissima spocchia. Sento che mi stanno per saltare i nervi. Vedo che anche Adriano è in difficoltà.
“Perché, hai paura che all’estero non ti facciano il panino con la cotoletta?” chiedo, in maniera sarcastica.
“Hai rotto il cazzo” mi risponde Luca. Evidentemente non capisce il sarcasmo. Tanto non lo capisce che tira pure un pugno sul tavolo. Tremano i bicchieri.
“Io?” chiedo.
“Sì, tu”
“Perché?”
“Perché da quando ci siamo visti non hai fatto altro che criticare il pub prima ancora di entrarci.”
“Ma quando mai!”
“Adriano?” 
Adriano, chiamato in causa, è titubante “Beh, un po’ l’hai fatto, però guagliù… cioè…  è normale… non è che devono essere tutti d’accordo…”
“Lui non è mai stato d’accordo su niente!” fa Luca indicandomi.
“Senti, non voglio litigare” gli dico “però che cazzo, Luca, io non ho soldi che mi escono dal culo come te, a me queste cose che mi hanno portato non piacciono, mi da sul cazzo di dover sprecare i miei soldi così. Potevamo farci un fatto tranquillo da Fermo Pizza invece di chiuderci in questo posto di merda dove non si capisce manco un cazzo di quello che diciamo.”
“Ah, certo, mo il problema sono i soldi. Se non hai i soldi per il pub te li do io.”
“Non dire stronzate, è un fatto di principio”
“Mo mi hai fatto il problema dei soldi, se ti servono i soldi me lo dici e pago io!”
“Cazzo, Luca, non sono i soldi il problema!” sento che la mia faccia è diventata bollente “Il fatto è che nessuno questa sera mi ha chiesto se avevo voglia di andare in un cazzo di pub, nessuno di voi si è posto il problema di chiedersi se fossi d’accordo e adesso, cazzo, non posso nemmeno lamentarmi per dire che questo posto fa schifo?”
“Lo vedi come fa?” dice Luca guardando Adriano.
“Ragazzi, su, finiamo di fare casini sulle stronzate, ià, stimo sciolti!” interviene Michele.
“Facciamo così, mettiamo noi i soldi per Al perché ci ha fatto piacere rivederlo dopo tanto tempo, ok?”
“Ma che cazzo dici?” intervengo. “Michè, il problema non sono i soldi, perdio!”
“Ho capito!” dice Michele “Non possiamo semplicemente festeggiare il fatto che sei qui oggi offrendoti la cena?”
“Come al solito siete dei coglioni e non capite un cazzo” rispondo. Ho l’irrefrenabile voglia di spaccare il bicchiere con quel piscio di Guinnes e sfregiare la faccia di tutti.
“Vado a fumare”.

[Continua QUI]

[Riferimenti immagine: l'ho trovata su Pinterest a QUESTO indirizzo, che a sua volta rimanda a QUEST'ALTRO indirizzo.]

mercoledì 9 dicembre 2015

Portugal - Recensione

Ancora una volta mi trovo a recensire un graphic novel. Questo in particolare mi è stato regalato alla cieca al mio compleanno, e devo dire che l'ho trovato veramente bello.
In Italia è edito da Bao, si chiama Portugal e il suo autore è Cyril Pedrosa.
Piccola premessa: questo fumetto non parla di super eroi, non ci sono mazzate alla cieca. È praticamente un romanzo grafico a tutti gli effetti, sensibile, divertente, ma che procede lentamente seguendo un filo logico. È una scrittura piena di sottotesti per cui se siete lettori pigri smammate.

Cyril Pedrosa
Appassionato di disegno e animazione dalla prima adolescenza, si iscrive alla scuola Gobelins di Parigi. Poi a un certo punto comincia a lavorare per gli studi francesi della Disney dove lavorerà nell'animazione di alcuni film, come il Gobbo di Notre Dame e in Hercules. Quindi è bravo (credo che il Gobbo di Notre Dame sia uno dei film Disney che preferisco).
Potete trovare QUI la sua pagina Wikipedia.
A guardarlo in faccia sembra un tipo proprio francese, ma a quanto sembra dal cognome qualche generazione fa doveva essere di qualche provenienza spagnola o, perché no, portoghese.
Io ci ho ravvisato, in tutto il graphic novel, un qualcosa di autobiografico, ma non ho trovato niente che mi confermi questo punto di vista.

Portugal
Tutte le famiglie hanno dei conti in sospeso. Ci sono risentimenti e misteri e una serie di sensazioni che ti restano attaccate addosso e non riesci a togliertele via, generazione dopo generazione, un po' come succede con certi caratteri del viso.


Simon a un certo punto della sua vita va in crisi creativa. È un disegnatore di un certo successo, ha una casa di cui no ha voglia di prendersi cura e ha una ragazza che vuole passare a un livello successivo di relazione. Ma lui ha qualcosa che non va, non si sente completo.
Per un puro caso del destino viene invitato a una specie di fiera del fumetto a Lisbona e qui riscopre in un certo senso quel "qualcosa" della sua terra di origine.

Nasce in qualche modo una specie di curiosità, e comincia a fare domande a suo padre, un uomo in carriera assente con il quale, si capisce, Simon non è mai riuscito ad avere un dialogo profondo.
Il matrimonio di una sua lontana cugina gli permetterà di ritrovare la sua enorme famiglia e di mettere il naso in quei "conti in sospeso". Questo lo spingerà a farsi altre domande che lo porteranno a viaggiare ancora, cercando il paese di origine da cui suo nonno partì molti anni prima per andare in Francia, nella speranza di costruirsi un futuro migliore.
Una volta trovati i suoi cugini portoghesi, Simon cercherà risposte a una serie di domande, ma capirà che non tutte le domande hanno bisogno di avere una risposta definitiva.
Trovare le proprie origini è una cosa importantissima, a mio avviso. Nel fumetto ho ritrovato certe atmosfere e certe sensazioni che una ragazza che vive nel Sud Italia sente già sue. Realtà rurali di una campagna che ora non è più campagna, ma solo provincia, usi, costumi, idee che derivano dai bisnonni, che sai di avere, ma non le riconosci.
Succede a un matrimonio, a Simon, di ritrovare un pezzo della storia dei suoi "antichi", una situazione simile a tante altre riunioni di famiglia, in cui ti ritrovi a ricostruire alberi genealogici e ti chiedi quanti racconti, quante storie, quanti volti ti sei perso per non aver ascoltato, da bambino, tutte le storie che i nonni volevano propinarti per forza, quando avevi in testa tutti quei power rangers da far combattere contro il male.
I disegni sono particolarissimi. Nella quinta di copertina Bao ci infila due righe sull'autore e pare che Cycril sia stato in qualche modo influenzato da Pratt. Si vede, nei disegni, per il colore acquerellato, ma non tanto per la costruzione dei personaggi, una sorta di caricatura arrognata e talvolta anche filiforme, molto caricata. Un tratto decisamente autoriale che rende queste figure tutte simili e allo stesso tempo tutte diverse, tutte con un'aria di famiglia, molto espressive, immerse in atmosfere sognanti in cui la musicalità del portoghese si riversa con baloon dal colore diverso (immagine molto evocativa che rende appieno la freschezza di un idioma vista dal punto di vista di uno che dentro quell'idioma ci trova qualcosa di familiare e misterioso e fantastico).
Bellissimi i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi. Non ci ho trovato niente di forzato. Alcuni personaggi, come il padre di Simon (Jean), parlano poco. Le storie di famiglia sono accennate ma quei brevi accenni ti aprono un mondo di possibilità. È una scrittura molto sottile grazie alla quale ti senti proiettato come ospite, come se tu avessi fisicamente accompagnato Simon nel suo viaggio come un amico che non vuol dire molto di sé, ma che in qualche modo ti lasci capire quali sono tutti i sottotesti che lo circondano.


La storia è articolata in tre atti che gradualmente ti aiutano a sprofondare nella vicenda. Il racconto è diviso in tre generazioni e si parte da Simon, il più giovane. La seconda fase è Jean, il padre, un personaggio aspro da capire ma che in qualche modo fa tenerezza. Ha le sue insicurezze, i suoi difetti incomprensibili, ma ha tanto in comune con il figlio. Leggendo la parte in cui Simon ha intenzione di scoprire questi segreti, ci accorgiamo di quanto padre e figlio siano veramente così simili nel loro modo di affrontare le cose. E poi c'è il terzo atto, quando parla di Abel, il nonno, ormai morto: la persona più difficile a cui fare domande.
Una delle scene in assoluto che ho trovato molto ben fatta (il fumetto è pieno zeppo di scene bellissime, ne dico una su tutte per non rompervi le scatole) è quella in cui si trovano nella stessa macchina Simon, suo padre e i due zii.
L'idea di far trovare delle persone che non vogliono vedersi bloccati sotto la pioggia in una macchina che non riparte è proprio la base dello storytelling: costringere elementi che si contrappongono a stare insieme. La gestione di questa situazione è impeccabile: quando si scrive un fumetto è necessario cercare di variare le inquadrature per far sì che la resa in totale della tavola fili liscia, senza farti storcere il naso con ripetizioni e cose di questo genere. In tal caso la scena dura ben 6 tavole e non c'è niente, assolutamnte NIENTE di sbagliato: Pedrosa sa perfettamente come variare e giocare con le inquadrature, e tutti i personaggi esprimono i loro conflitti e le loro personalità senza tradirsi, rivelando tutte le differenze caratteriali che li hanno portati a mal sopportarsi a vicenda, le tipiche dinamiche familiari che da piccolo ti snervano e da grande ti fanno dare ai matti (la scena di cui parlo la vedete in un assaggio qui a destra).

Note sull'edizione
Il graphic novel è enorme, è pesante, per cui non si può leggere a letto, ma su un divano con gatto sì. Credo sia anche piuttosto costoso (è un regalo, non so il prezzo, cercatevelo su Amazon!), però credo proprio valga la pena di fare questo sforzo.
In realtà questo da Bao è stato fatto rispettando il formato originale francese, 24x32. Trovo che sia una scelta giustissima che non tradisce la disposizione dell tavole e la qualità dei disegni.
Di solito gli italiani traducono qualsiasi cosa. La stessa Bao talvolta si lascia prendere la mano intervenendo direttamente sui disegni pur di rendere comprensibile all'ignorante medio di cosa si sta parlando (mi riferisco a QUESTA scena di Saga, in cui la scritta "Fuck Yeah" nella versione italiana è stata fisicamente presa a pugni e trasformata in "Cazzo sì"). In questo caso ringraziando il cielo si è cercato di non entrare nel testo, traducendo l'idioma portoghese. Anche nella versione francese il portoghese resta e, per quanto qualcuno possa storcere il naso pensando di perdersi qualche passaggio chiave della storia, posso assicurarvi che finisce in secondo piano: Pedrosa è riuscito a rendere comprensibile tutto, sia dal modo di gesticolare dei personaggi, sia nella descrizione del contesto tramite disegni "parlanti" a tutti gli effetti.

A chi lo consiglio
Tutti quelli che amano le vecchie storie di famiglia. È una storia che fa pensare molto ed è come leggere un vero e proprio romanzo, per cui lo consiglio a chi è appassionato di lettura in generale e che ama molto il disegno autoriale.

A chi non lo consiglio
A chi si lascia abbattere dalla grandezza del volume. A chi non ama le storie senza scene di inseguimenti, azione e sparatorie. A chi non ama il disegno autoriale e gli acquerelli.

  

martedì 1 dicembre 2015

I Kill Giants - Recensione

Oggi parliamo di un fumetto strepitoso, scritto da Joe Kelly e disegnato da Jim Ken Niimura.
In Italia è pubblicato da Bao.

La storia è semplicissima: c'è una bambina, Barbara Thorson, che fa la quinta elementare. È strana, le piacciono i giochi di ruolo, si comporta da maschiaccio e soprattutto uccide giganti grazie alla sua super arma segreta che si chiama Coveleski, nascosta in una borsetta a forma di cuore.
Tutta la storia gira sulla forza d'animo e l'arroganza di questa ragazzina che, forte delle sue convinzioni derivanti dalla sua passione per il fantasy e i giochi di ruolo, fa del suo essere diversa da tutte le altre un punto di forza per dimostrare a se stessa e a tutto il resto del mondo che lei è una grande, la migliore.
La maggior parte delle persone non fanno altro che rispondere a questi atteggiamenti con forza e mettendosi "contro", senza porsi domande.
Il vero motivo per cui la bambina si comporta in questo modo è un doloroso segreto.

Joe Kelly
È un autore americano, creatore di una serie animata di successo che si chiama Ben 10. Fa parte anche di un'equipe di creatori della Man Of Action Studios.
È stato autore per la Marvel di Deadpool, X-Men e per la DC ha scritto alcuni numeri di Superman (molto apprezzati) e della Justice League.
Pare che sia bravo, non ho mai letto niente di quello che ha scritto tranne questo fumetto, che mi è piaciuto tantissimo, quindi quando leggo che è bravo io ci credo.
Ha vinto con questa sceneggiatura il Gran Guingi del 2011.
Inoltre questo fumetto ha vinto  il "Best Indy Book" dell'IGN nel 2008 ed è stato inserito tra i migliori dieci fumetti del 2009 dalla rivista New York.

Jim Ken Niimura
Quest'uomo ha un blog, lo trovate QUI.
Pare che sia un giapponese spagnolo che vive a Tokio.
Secondo quanto scritto dalla Bao nella quinta di copertina, questo tipo si è laureato in arte, ha fatto soprattutto campagne pubblicitarie per realtà spagnole e nel fumetto si è cimentato soprattutto in web serie e storie brevi. I Kill Giants rappresenta la sua prima storia lunga e io dico che si è comportato egregiamente.



I Kill Giants
Barbara è l'unica persona che può salvare il mondo dall'imminente arrivo del Gigante più potente e distruttivo dell'universo. Che non è un gigante, ma un Titano.
La sua spiccata fantasia, in realtà, cerca di dissimulare la vera tragedia che sta vivendo a casa.
Barbara infatti è terrorizzata dal dover salire il primo piano di casa, e preferisce dormire nel sotto scala, che è diventato il suo rifugio segreto.
Vorrei farvi notare una cosa: nella produzione delle storie americane (o inglesi), di solito la cantina o il sotto scala sono viste come luoghi per eccellenza in cui i bambini non vogliono entrare. Ma Barbara non è una bambina come le altre. C'è qualcosa di molto più spaventoso di un mostro della cantina, che si trova al primo piano della sua casa. Ed è questo mostro che la piccola non riesce ad affrontare.
Con una narrazione molto sensibile, questi due autori ci proiettano in una storia allo stesso tempo divertente e malinconica, che mette il punto su alcuni comportamenti strani dei bambini, facendo gioco su un'enorme e moderna metafora che cerca di spiegarci come un bambino può vivere in maniera fantastica le difficoltà della sua esistenza.
Assistiamo, in questo fumetto, ad un ennesimo spostamento di focus che ravviso nella produzione di storie degli ultimi anni: Barbara è una bambina moderna sotto tutti gli aspetti, in quanto bambina ha i capelli lunghi, ha delle fatine che la inseguono e con cui gioca, ma allo stesso tempo è un maschiaccio che non riesce a legare con le vanitose compagne di classe, convinta che esistono cose più importanti a cui un eroe deve pensare. È pestifera, è arrogante, è violenta. È esattamente una bambina con la quale ci si riesce ad immedesimare proprio perché si comporta esattamente come farebbe una ragazzina di oggi, di quelle a cui piacciono le principesse, ma si immedesimano più volentieri nell'ammazza demoni, perché evidentemente il classico modello della donna "carina" non è più sufficiente a soddisfare l'immagine che abbiamo di noi stesse.


Tutti i personaggi che le sono di contorno, reagiscono in qualche modo a questi comportameti anti sociali. Le istituzioni non riescono a gestirla, ed è perseguitata dall'immancabile Bulla, che mal sopporta di trovarsi davanti una ragazzina che non soccombe alle minacce. Lo spirito ribelle di Barbara, infatti, viene fuori al massimo livello nel momento in cui si trova davanti ad un'autorità, che sia questa un'autorità ufficiale (come la maestra o il preside) o un'autorità riconosciuta solo dalla massa (ovvero il Bullo di turno).
Le uniche persone che cercheranno di aiutare Barbara a sconfiggere il suo gigante sono la psicologa (che è l'unico elemento istituzionale che si pone il problema di entrare in relazione con lei) e una ragazzina nuova, abbastanza intelligente da notare qualcosa di particolare in Barbara.
Sottolineo che tutta la storia vive su un filo rosso che separa la realtà vera da quella che vive nell'immaginario della bambina. Quando leggi questo fumetto sai perfettamente che Barbara si sta preparando ad affrontare una battaglia che in realtà vive solo nella sua fantasia, ma man mano che si va avanti nella storia, questa netta separazione tra reale e fantastico non è più una certezza, fino ad arrivare al cosiddetto "punto centrale" in cui tutte le certezze che hai accumulato nella lettura delle pagine precedenti crolla, e ti fa entrare veramente in crisi, per poi farti scegliere da solo quale sia la conclusione che ti soddisfa maggiormente: Barbara è veramente una creatura a cavallo tra due mondi, oppure no? Qual'è l'idea a cui vuoi credere maggiormente?
Dietro l'edizione Bao, dove c'è scritta la trama, per descrivere Barbara dicono"una bambina straordinariamente fragile e caparbia". Sarà che io mi sono immedesimata tantissimo in Barbara e quindi mal sopporto che in qualche maniera, indirettamente, mi si dia della "fragile", vorrei dire che non sono d'accordo con questa descrizione. Esiste una differenza tra "avere paura" ed "essere fragile". Anche le persone forti hanno paura, e Barbara è tutto meno che fragile.
L'idea è questa: la reazione di Barbara alla paura la rende molto forte. Questo perché le persone fragili reagiscono alla paura con abbandono. Le persone forti reagiscono alla paura con rabbia, con la volontà di fare qualcosa. Quindi, deduco, Barbara non è affatto fragile, è solo incazzata nera, sa che deve affrontare una battaglia ed è convinta di doverla affrontare da sola.
E infatti, se leggete il fumetto, capirete che alla fine è da sola che riesce ad affrontare la sua battaglia, e tutte le persone che l'aiutano non l'aiutano materialmente nella battaglia, ma semplicemente iniziano a credere che lei realmente possa uccidere i giganti, da sola.
È una storia di crescita, e la vera crescita sta nel riconoscere che ci sono battaglie che non possono essere vinte, ma non per questo si è meno forti.


I Disegni
Hanno un aspetto caricaturale, molto jappo style, però si sposano perfettamente con la storia, oltretutto ambientata in paesaggi e costruzioni tipicamente americane che creano un bel contrasto. È tutto giocato su scale di grigi, le caratterizzazioni dei personaggi sono ben studiate non solo nella stesura della storia, ma anche nella grafica. Ci sono alcune tavole molto molto belle, studiate ed utilizzate proprio nei momenti più drammatici ed espressivi. Si rinforzano gli scuri e i neri nei momenti di più forte impatto emotivo, tutto letto sempre secondo il punto di vista della bambina, che trasforma la realtà nel momento in cui non la comprende, o nel momento in cui cerca di comprenderla a suo modo.
Una cosa che non mi è piaciuta (che non dipende dall'edizione Bao perchè la vedo anche nelle tavole americane), sono i baloon: non sono perfettamente leggibili, la stanghetta che conduce la nuvola al personaggio che parla non è chiara, talvolta si confonde con il disegno, e questo è fastidioso, mi ha costretta a rileggere alcune parti perché non avevo capito chi fosse a parlare.


Conclusioni
Dovete leggere assolutamente questo graphic novel. Che voi siate dei vecchi bavosi maschi che non riescono a concepire l'esistenza di bambine maschiacce forti, o che siate dei ragazzini emotivi tutti acne e youporn, se avete una coscienza, questo fumetto la troverà, la pesterà e vi farà piangere fortissimo.
Si tratta di una storia eterna, fantastica e reale al tempo stesso, che saprà ricordarvi cosa significa per voi, adulti, essere diventati grandi e cosa significava, quando eravate piccoli, affrontare quelle grandi cose orribili che vi ha portato la vita. Tutti noi in qualche modo siamo stati e siamo ancora Barbara Thorson, siamo tutti dei Barbari figli di Thor, quando ci incazziamo perché la vita ci vuole costringere a fare i conti con tutto l'orrore dell'universo. La vita ci rende deboli, ci costringe ad affrontare i nostri titani. E tutti, come Barbara, dovremmo farlo con coraggio accettando i nostri limiti e scoprendo quanto è meravigliosa la nostra umanità.

A chi lo consiglio
Tutti indistintamente, di qualsiasi etnia, religione, peso specifico, sesso, età e pettinatura siate.