martedì 26 maggio 2015

Chameleon's Dish - Capitolo VII


Ma succhia?








































"E quindi gliel'hai buttato." dice Adriano.
"Sì"
"Ma come hai fatto?"
"Che intendi?"
"L'hai portata a mangiare taralli e birra a Mergellina..."
"Sembrava divertente!"
"Hai fatto la figura del pezzente."
"Dici?"
"Sì..."
"A me sembrava una cosa diversa..."
"Oh, beh, si vede che la tipa era assatanata forte."
"Forse un po' lo era."
Adriano si prende un sorso di birra e guarda il vicolo qui sotto.
"E che fa questa nella vita?" mi chiede.
"Fa i disegni. Tipo illustratrice"
"E' brava?"
"Per nulla".
Ho la sensazione che debba dirmi qualcosa.
"Fa dei disegni tutti storti, le persone non sembrano vere" continuo.
"Boh, l'importante è che te la sei fatta, poi può pure fare spiringuacchi."
"Si, beh... penso tu abbia ragione. Ma il fatto è che non so come comportarmi"
"Ti comporti che quando hai voglia di fartela la chiami."
"Ma se poi torna in mezzo il fatto che mi fanno schifo i suoi disegni io..."
"Bhe, ma a te che cazzo te ne fotte di come disegna?"
"Ma sono veramente brutti! Cioè, sembra come quando fai sedere le Barbie, hai presente?"
"Amico, io non giocavo con le Barbie..."
"Vabbè, hai capito, no?"
"No, davvero, Al. Io non giocavo con quelle cazzo di Barbie."
"Sì, ma comunque l'impressione è quella. E poi le facce sembrano deformi."
"Ma succhia?"
"Che?"
"Te lo succhia?"
"Ecco... sì, l'ha fatto l'altra volta."
"E allora ti piacciono pure i suoi disegni."
"Ma vedi, non è il problema dei suoi disegni..."
"Il problema è che giocavi con le Barbie, Al, è quello il tuo cazzo di problema."
"Il fatto è che non so se posso stare con una tipa che non sa fare qualcosa che vuole fare... capito?"
Adri ha delle sopracciglia molto espressive che quando mi guarda male sembrano due enormi punti interrogativi pelosi.
"Non provo stima per lei!"
"Tu non te la devi sposare" mi dice.
"Ho capito, ma non ha niente di stimolante..."
"Io so perfettamente a cosa vuoi arrivare..."
"Ah sì?"
"Sì."
"E a cosa?"
"Quella ragazzina non è Maria. E' questo il problema"
Prendo un sorso di birra e guardo altrove.
"Tromba e non rompere il cazzo!"


[Immagine presa da QUI]

giovedì 21 maggio 2015

Chameleon's Dish - Capitolo VI

Intermezzo




Sono steso sul letto come un morto abbandonato. Il collo mi fa male un po' e mi ricorda che prima o poi dovrei cambiare posizione, ma adesso ancora non ne ho voglia.
Nella bocca comincia a mancare quel retrogusto Pall Mall.
La stanza è in penombra e i motorini che passano nel vicolo giù gettano nella stanza improvvise luci come di continui tramonti.
Vedo all'angolo del letto Carmela di profilo che si pulisce il seno dal mio sperma con dei fazzoletti e mi sembra un'antica Venere al bagno che si purifica dai suoi peccati.
Atropo, è lei che mi guarda adesso, non più Carmela.
Mi sorride con malizia, si lecca un dito sporco di me, e poi mi pianta gli occhi negli occhi.
"Dì la verità, già vorresti ricominciare..."
"Cosa...?"
"Ti stai addormentando?" Mi domanda Carmela di rimando, ridestandomi da quello strano torpore.
Si viene a stendere accanto a me, appoggia la testa sul braccio che tenevo steso a raccogliere un po' di fresco del lenzuolo lontano dal mio corpo ancora accaldato.
Mi bacia sulla bocca e nasconde la faccia nell'ansa del mio collo.
Il suo respiro sulla pelle mi snerva, la sua presenza tiepida mi infastidisce.
Vorrei solo scappare via.

[Immagine: Egon Schiele, nudo femminile]

lunedì 11 maggio 2015

Chameleon's Dish - Capitolo V

EMDR

"Ritorna con la mente all'immagine di tuo padre morto nel tuo letto"
"Okay"
"Che cosa provi?"
La dottoressa muove il dito a destra e a sinistra e io devo seguirlo con gli occhi.
Dicono che questa sia una terapia per quelli che soffrono di stress postraumatico. Forse pure io ne soffro, secondo questa dottoressa.
Sono sedute rilassanti, nelle quali le mie parole continuano a scivolarmi via da bocca senza che io possa fare niente per evitarlo.
Più penso all'immagine di mio padre morto nel mio letto, più cerco di scappare via e di anteporre a quell'immagine qualcosa di completamente diverso. Il mio cervello lavora senza che io me ne accorga.
"Non provo niente" rispondo, con la sensazione di stare mentendo.
In realtà non mi disturba il fatto che fosse nel mio letto. Mi disturba di più il fatto che mia madre non volesse farmelo vedere, senza accorgersi che ormai il danno era fatto, non era un corpo morto nelle mie lenzuola rosse a darmi fastidio.
"Ricordo che c'erano le lenzuola rosse" dico alla dottoressa.
"Rosse. Le ho fatte buttare subito dopo. Ho fatto buttare tutto. Il letto, il materasso, le lenzuola, la coperta che aveva addosso. Anche i mobili.
Perchè mi faceva tanta impressione?
Dicono che quando si muore si rilasciano i muscoli e si caccia via tutto quello che tieni in corpo. Con mio padre non c'era problema, perché gli avevano tagliato parte dell'intestino e doveva cacare in una borsetta che gli avevano attaccato sul fianco.
La pipì non so, non ho indagato.
E poi c'erano le gambe gonfie e piene d'acqua, che si erano piagate e cacciavano fuori del liquido. Non lo so se ha bagnato il letto in qualche modo, in realtà non ho mai voluto scoprirlo.
Forse erano le gambe gonfie che mi disturbavano di più.
Mi ricordo che mamma chiamò la signora delle pulizie perché dovevamo mettere tutto a posto, prima che venisse gente. Mi disse di coprire gli specchi. Forse la gente antica ha paura che gli specchi imprigionino l'anima dei morti.
Nel riflesso dello specchio vidi mio padre grigio in faccia, con un braccio dietro la testa, come se fosse in spiaggia. Si era addormentato così. E vidi pure la cameriera che gli dava un bacio in fronte e gli accarezzava la faccia. Poi misi un vecchio panno di lino davanti allo specchio e vidi solo fiori azzurri per un bel po', perché non ero sicuro di volermi girare di nuovo a guardare.
Lo feci, ovviamente. Mi dissi che non dovevo avere paura, quello non era più mio padre. Non era più niente."
"Stai muovendo le gambe"
"non me ne sono accorto."
"Le muovi perché vuoi scappare?"
"Forse... semplicemente mi rompo di stare fermo."
"Stai attento al linguaggio del corpo, se ti muovi c'è un motivo. Ti stai agitando?"
"No."
"Vuoi piangere?"
"No."
"Chi ti ha messo in testa l'idea che piangere è una cosa per deboli?"
"Non lo penso. Solo... non mi va di piangere" Mi infastidisce il fatto che la gente si aspetti che a un ricordo doloroso corrispondano sempre lacrime.
"Il giorno del funerale una zia mi chiese perché non piangevo." continuo.
"Cosa le hai risposto?"
"Sono un Robot, i Robot non piangono" mi metto a ridere come uno scemo, e mi accorgo che la mia faccia mi fa male, come se i muscoli cercassero in ogni modo di ricordarmi di restare serio.
"Ho fatto un sogno questa notte" aggiungo, mentre la dottoressa annota qualcosa su un blocchetto giallo con sopra disegnato a penna un fiore, e vicino il mio nome in stampatello, con la mia età e il mio problema principale.
"Ho sognato che stavo dal salumiere. C'era un bambino seduto che mangiava qualcosa che non doveva mangiare. Della cartapesta. Era un bambino quasi neonato, grasso come Buddha. Gli dicevo di smetterla di mangiare la cartapesta e lui mi guardava e rideva. Dico alla mamma, la salumiera, di fare qualcosa, perché il bambino non deve mangiare la cartapesta. Lei non fa niente. Alla fine mi arrendo al fatto che evidentemete è normale che mangi la cartapesta. E il bambino continua a ridermi in faccia. Poi più tardi, credo, nel sogno, il bambino mentre ride si blocca e diventa blu. Muore e a nessuno interessa. Io mi sento in colpa perché non mi sono imposto. Dovevo fargli smettere io di mangiare la cartapesta. Non dovevo aspettare che glielo dicesse la mamma."
"Che significato pensi che abbia questo sogno?"
"Credo che forse significa che non sono pronto ad avere dei figli".
La dottoressa si mette a ridere.
Ci fumiamo una sigaretta insieme, lei mi racconta che nemmeno sua figlia vuole piangere. Io penso che lei sia una brava mamma, e che sua figlia è una tosta.
Poi le metto sul banco un botto di soldi, le dico arrivederci e me ne vado.
Mi infilo in un vagone della metro e metto le cuffie per non sentire un tipo che urla che vuole mangiare. La musica mi dice che c'è una casa a New Orleans, che è stata la rovina di un sacco di giovani stronzi come me.
Mi arriva un messaggio dalla ragazzina con cui mi devo vedere stasera: Carmela.
Appuntamento alle 21.00 a piazza Vanvitelli.
Vicino casa della mia Bionda.

martedì 5 maggio 2015

Chameleon's Dish - Capitolo IV (seconda parte)

Questo post è il continuo di questo.
Eravamo rimasti a questo
Vivo in una casa con gatto in dotazione, siccome a quanto pare campa sul terrazzino di questa casa al quarto piano da secoli. Io l'ho adottato e lui mi fa da moglie.



Il Napoli ha perso contro il Sassuolo (parte II) 


Fare da moglie a uno come me non è facile, e forse è per questo che la mia bionda è andata via. 
La sua assenza mi distrugge. Pochi mesi fa a quest’ora sentivo la sua voce che mi diceva di aprire il balcone per far uscire quella puzza di fumo. La sua voce mi diceva di spegnere la luce, di smetterla di scrivere, di andare a dormire. Quante cose faceva la sua voce. 
E lei era sempre più una matassa di coperte dentro al letto, con quel lenzuolo che si appuntiva lì dove nascondeva il capezzolo. Io la guardavo come fosse un Cristo Velato, allibito, sconcertato, da quanto fosse meravigliosa e impossibilitato a darmi una ragione di tanta bellezza. 
E adesso nel mio letto c’è un gatto che si lecca il culo con l’eleganza di una ballerina, non c’è nessuno che mi impedisce di fumare, di bere, di scrivere. Tranne io. Solo io mi impedisco di scrivere, per colpa di quei pensieri martellanti che mi ossessionano peggio delle notifiche di FaceBook.
Notifica: Ad Adriano piace la tua foto.
Notifica: Luca ti ha mandato un adesivo.
Notifica: Maria ti ha mandato un messaggio.
Scorro le pagine piene di roba inutile. Devo smetterla di sorprendermi di quante ragazze postano foto di gattini e di quanti ragazzi postano foto di zoccole.
Mi fermo sulla foto di una che, Dio Santo, tiene un culo che glielo prenderesti a morsi, ma la notifica di Maria mi fa male al fegato. 
All’improvviso mi viene un senso di colpa che mi impedisce di entrare su quei siti speciali, e apro la finestra di chat della mia Bionda.
“Scommetto che stai fumando. Io sono a casa, chiamami se vuoi.”
Adesso lei saprà che ho visualizzato il messaggio e non ho scampo. Le devo rispondere per forza, altrimenti poi mi telefona per sapere perché non le ho risposto.
“Sono stanco, penso che andrò a dormire.”
Visualizzato alle 00.23.
“Non è che ti metti a guardare le femmine nude?”
Cazzo. Questa donna mi conosce.
“Il cazzo è mio, ci faccio quello che voglio”
Visualizzato alle 00.35.
Mi contatta una tipa, si chiama Carmela. Che nome di merda. Mi manda un messaggio pieno di cuoricini.
“<3 <3 <3 Che ci fai ancora sveglio?”
“Scrivo, come sempre” e so di mentire per il puro scopo di immaginarmi Carmela davanti al suo computer che si riempie di cuoricini e pensa che sono davvero uno che sa scrivere.
Visualizzato alle 00.38.
“Oh! Come vorrei leggere qualcosa che hai scritto! :D”
“Magari un giorno” le rispondo.
Mentre chatto con lei, mi vado a vedere le sue foto. E’ piccola, magra, denti storti, ma ha un suo perché. Tette piccole.
Non mi ricordo manco dove diavolo l’ho incontrata sta tipa. Sarà una di quelle amiche di amici incontrate a qualche festa. Mi ricordo solo che quando ho cambiato il mio status di Facebook da “fidanzato ufficialmente” a “relazione complicata” ho avuto un sacco di notifiche, commenti, telefonate, messaggi. Quando è morto mio padre, invece, nessuno mi ha detto un cazzo. Nessuna telefonata, tranne quei quattro stronzi che ci sono sempre.
E’ questo il bello di Facebook. Non ero nessuno, ma, da quando ho una relazione complicata, la mia vita è piena di notifiche.
Mentre chatto con questa tipa scopro che a lei piace un sacco leggere, ma mi viene da dubitare che abbia mai capito qualcosa di quello che ha letto. Ogni frase che scrive ci mette alla fine una faccina sorridente, e non ho capito se devo immaginarmela che sorride oppure no.
A un certo punto le chiedo che sta facendo.
“Sto parlando con te xD
Ahaihaihauahua!”
Le rispondo con una faccina perplessa.
“No, stavo sentendo la musica ;D”
“Ma non è tardi? Domani hai scuola!”
“Ma che scuola! Io vado all’uni!”
Uni
Sembrava più piccola, e in effetti sul suo profilo ho cercato tutto tranne la sua data di nascita. E’ nata nel 1992. Ha 22 anni, ma non è questo che mi rende perplesso, quanto il fatto che è nata nel 1992. Caspita, gli anni novanta me li ricordo, non sono sfocati come gli ottanta. A quel tempo già pensavo.
Questa cosa mi disturba tanto che le chiedo come è vestita.
“Sono in pigiama ;P”
“Non ti facevo tipa da pigiama” le rispondo.
“Mi vedevi più da tutta nuda?” mi fa lei,
“No, in realtà ti vedevo da camicia da notte”
“Che schifo! xD”
Non capisco cosa ci trovi di male in una camicia da notte. Comunque mi arriva una foto. Una foto da cucciola infagottata in una matassa di vestiti troppo grandi. In cima alla testa un groviglio di capelli arruffati, in una specie di tuppetiello.
Improvvisamente decido che devo buttarglielo.
Fissiamo un appuntamento il giorno dopo.
Vado a dormire e ho in testa l’immagine di Maria nel suo letto che magari non dorme perché pensa a me.
Mentre cerco di guadagnarmi il posto che mi spetta spostando il gatto nel suo lato del letto, improvvisamente Maria non è più sola nel suo letto ma in compagnia dello sconosciuto che è stata la causa della nostra rottura.
Questa immagine mi ossessiona, mi entra nel cervello, si trasmette ai miei nervi che si tengono e tirano come fosse un dolore in tutto il corpo, e mi tiene sveglio con una gran voglia di spaccare tutto.
Poi penso che negli ultimi mesi sono due le cose che mi tengono sveglio: l’immagine di Maria con un altro uomo, e l’immagine di mio padre mangiato dai vermi.
Mi chiedo come si stia lì sotto, nella terra fredda. Che cosa si prova a non avere più le palpebre? 
E’ possibile che la nostra coscienza rimanga intrappolata dentro il nostro corpo e noi siamo costretti in una specie di incubo a restare fermi, interrati, a guardare il buio della nostra bara fino a quando l’ultimo centimetro della nostra materia non si fondi con tutto il resto?
Chissà in quanto tempo si marcirà quel corpo già marcio di mio padre. 
E io? Io in quanto tempo marcirò?
Accento la TV perché sto ricominciando a pensare a quelle cose. Ho paura di addormentarmi.
Metto un canale dove ci sono un sacco di X e dove un tipo sfigatissimo fa finta di scoparsi due tipe con pettinature anni ’80. Mi sembra quasi di essere tornato in dietro nel tempo, quando mi chiudevo a chiave in salotto e accendevo telecapri. Dio benedica internet.
Cambio canale e trovo una che balla attorno al palo. Certo, il numero di telefono a pagamento che lampeggia in alto a sinistra sullo schermo si prende tre quarti di televisione, però sempre meglio che addormentarsi con una puntata della signora in giallo.
Più guardo quella femmina nuda che balla, più penso a Maria, ai suoi occhi tanto azzurri che ti scavano un buco nell'anima. 
Non sono del tutto sicuro di quello che vedo, perché le enormi tette della tipa in TV sono così simili a quelle della mia Bionda che per qualche istante mi sembra sia proprio lei, a ballare attorno a quel palo. 
E poi, proprio mentre sto chiudendo gli occhi, mi accorgo che sto crollando in un sogno che mi terrà sveglio per le prossime notti.