martedì 14 ottobre 2014

Chameleon's Dish - Capitolo II

Atropo

"Ho un problema alla tastiera"
"In che senso?"
"Credo di averla irrimediabilmente rotta"
Silenzio dall'altra parte del telefono. Il mio amico Adriano è un genio con i computer.
"E come hai fatto?" mi chiede.
"Ho preso quel coso che spruzza aria compressa perché la tastiera era piena di cenere. E niente, sono saltati i tasti"
"Ma come cazzo è possibile... solo tu..."
"Eh..."
"Devi aver spruzzato da troppo vicino, coglione!"
"E adesso?"
"Prova a riattaccarceli"
Con il telefono sotto al collo comincio a premere le lettere del mio portatile nei buchi dove avrebbero dovuto essere. Sul mio documento word appaiono lettere ripetute all'infinito.
"Aspè. Forse avrei dovuto spegnere il computer, prima di provarci"
"Ma che stai facendo?"
"Cerco di riappiccicare le lettere dove stavano prima"
"Ma non funziona così..."
"Ah no?"
"No"
"Accidenti..."
"Vedi, dovrebbero esserci delle levette di ferro sotto i tasti, c'è un sistema..."
"...cazzo, è vero..."
"... a incastro."
"sessesse... vedo"
"Ci stai capendo qualcosa?"
"No, ma forse sto involontariamente scrivendo il più grande capolavoro letterario di tutti i tempi"
"Se non ti riesce molla tutto e domani ci provo io"
"Credo che una linguetta si sia appena rotta"
"Al, non toccare niente..."
"Aspetta!"
"Domani passo io dopo l'ufficio e ci facciamo una birra"
Hanno bussato alla porta, e con il telefono ancora sotto al mento guardo nello spioncino. Non c'è nessuno.
"Domani sta la partita" dico ad Adriano
"Quindi?"
"Porta molta birra, e ci chiamiamo la pizza"
Bussano di nuovo, e di nuovo non si vede nessuno dallo spioncino.
"Adri, ci sentiamo domani, qui qualcuno mi vuole rompere i coglioni"
"Che è stato?"
"Saranno i ragazzini del piano di sopra che scassano il cazzo con qualche scherzo"
Apro la porta e sono pronto a tirare un allucco nella tromba delle scale, quando mi trovo davanti un paio di tette infinite. Labbra rosse come il sangue, occhi verdi e capelli rossi nascosti sotto un cappellino da lutto, di quelli con veletta sugli occhi. Non credo si portino più cappellini così.
"Adri ti chiamo dopo"
Gli chiudo il telefono in faccia.
Quella rossa mi sbuffa il fumo in faccia "Din. Don." mi dice, apaticamente.
Il suo corpo formoso è strizzato in una sottana nera. Resto a guardarla ancora e lei mi fissa aspettando.
"Non mi fai entrare, Al?"
Mi faccio da parte perché non so cosa dirle. Lei mi entra in casa portandosi dietro una scia di fumo e di profumo. Le guardo il culo e mi chiudo la porta alle spalle.
Lei si siede sul mio divano. Mi butta la cenere per terra e nasconde la faccia dietro ad altro fumo. I suoi occhi si alzano verso di me.
"Tuo padre è morto." mi dice.
"Prima di tutto lui non era mio padre. E poi... è passato un sacco di tempo"
"Quanto tempo?"
"Ma che cazzo vuoi da me? Ma tu chi sei?"
Finalmente mi rendo conto che io questa non l'ho mai vista prima, né si è presentata.
"Atropo"
"Atroche?"
"Mi chiamo Atropo. E tu sei Al."
"Io so chi sono."
"Davvero?"
"Sì. Non so chi sei tu."
"Sono un'amica".

Nessun commento:

Posta un commento