venerdì 24 ottobre 2014

Chameleon's Dish - Capitolo III














Qualcosa da bere

Atropo. Una di quelle femmine alle quali faresti cose indicibili con ogni centimetro del suo corpo. Mi ha parlato di morte e io non ci penso proprio, siccome ho gli occhi piantati su quella sottana nera che ha indossato senza reggiseno.
"Il gatto ti ha mangiato la lingua?" Mi chiede, con quel tono apatico. La sua voce mi fa tornare a fissarle la faccia.
"Conoscevi mio padre?"
"Hai detto tu che quello non era tuo padre..."
"E' complicato."
"Lo so."
"Perchè sei qui?"
Lei continua a fissarmi e spegne la sigaretta nel cumulo di cicche che ho lasciato nella ciotola del latte di... credo... due mattine fa.
"Tu sei uno scrittore?" Mi chiede.
"Solo quando ho tempo"
"E cosa scrivi?"
Mi vado a sedere sulla sedia di fronte a lei.
"Scrivo quello che mi pare. Adesso sto scrivendo un giallo."
"Un giallo? Interessante..."
"Ti piacciono i gialli?"
"No, affatto."
Sospiro perché mi pare una situazione assurda, e quel suo modo di girare attorno alle cose mi confonde, per cui non so se infilarle il cazzo in bocca o cacciarla di casa.
Sto per dirle non so cosa di preciso, ma lei mi interrompe sollevando un dito.
"Mi piace tenere tutto sotto controllo. Odio perdermi i dettagli. Per questo non mi piacciono i gialli. Ho sempre la sensazione che lo scrittore voglia farmi sentire una stupida".
"lo fanno solo i pessimi scrittori"
"E tu sei bravo?"
"Questo devi dirmelo tu. Vuoi leggere qualcosa?"
Mentre le faccio questa domanda scopro di trovarmi a mio agio con lei, anche se non ho idea di chi sia. Talmente a mio agio che mi accorgo di avere tutte le intenzioni di portarmela a letto.
"Assolutamente no."
Le sue risposte secche, però, mi creano qualche problema.
"Vuoi qualcosa da bere?"
"Finalmente... credevo non me lo avresti mai chiesto."Mi risponde. Ho la sensazione che mi stia canzonando.
Mi alzo e vado in quel buco che dovrebbe essere una cucina, una stanza in cui tre persone ci stanno strette. Apro uno stipo pensato per i detersivi e ci tiro fuori una bottiglia di scotch. Laphroaig. E' la cosa più costosa che è lì sotto. Prendo due bicchieri, uno diverso dall'altro. Do a lei quello che sembra meno sporco.
Lei si rigira il bicchiere tra le mani. Mi guarda e sembra che stia per ridermi in faccia da un momento all'altro.
"C'è un mistero che devi risolvere. È per questo che sono qui."
"Caspita, adoro i misteri!" e subito dopo aver sentito il tono di voce con cui le ho risposto mi rendo conto di esserle sembrato un idiota.
"Chi ha fatto morire tuo padre?"
Faccio finta che non mi sia arrivato un pugno nello stomaco. Guardo il bicchiere di whisky e mi accorgo che ho voglia di tirarlo contro il muro.
"E' morto di suo. Non l'hanno ucciso. Ti hanno informata male."
"Ne sei sicuro?"
"Certo che ne sono sicuro!" Sbotto con un po' di rabbia "E' morto di malattia."
Lei si alza dal mio divano. Mi si avvicina silenziosa come un gatto, sinuosa come una vipera. Mi appoggia una mano gelida sulla spalla. Io non la guardo. Gira attorno alla mia sedia e poi si abbassa verso di me. Le sue labbra sono vicine al mio collo e rabbrividisco.
"Lo sai che non è così semplice... pensa."
Di scatto giro la faccia verso lei, per incontrare i suoi occhi, solo che... lei non c'è.
La sua mano gelata è come se mi avesse fatto entrare il freddo nelle ossa. La spalla mi fa male come se ci fosse un ago sottilissimo piantato nell'osso, ed è un dolore che pulsa, lontano come un'eco, distante come un ricordo.
E' come se quel freddo avesse trovato un varco e si stesse espandendo in tutto il corpo. Mi vuole spingere fuori le lacrime dagli occhi, di forza.
Non glielo concedo.
Non me lo concedo.

martedì 14 ottobre 2014

Chameleon's Dish - Capitolo II

Atropo

"Ho un problema alla tastiera"
"In che senso?"
"Credo di averla irrimediabilmente rotta"
Silenzio dall'altra parte del telefono. Il mio amico Adriano è un genio con i computer.
"E come hai fatto?" mi chiede.
"Ho preso quel coso che spruzza aria compressa perché la tastiera era piena di cenere. E niente, sono saltati i tasti"
"Ma come cazzo è possibile... solo tu..."
"Eh..."
"Devi aver spruzzato da troppo vicino, coglione!"
"E adesso?"
"Prova a riattaccarceli"
Con il telefono sotto al collo comincio a premere le lettere del mio portatile nei buchi dove avrebbero dovuto essere. Sul mio documento word appaiono lettere ripetute all'infinito.
"Aspè. Forse avrei dovuto spegnere il computer, prima di provarci"
"Ma che stai facendo?"
"Cerco di riappiccicare le lettere dove stavano prima"
"Ma non funziona così..."
"Ah no?"
"No"
"Accidenti..."
"Vedi, dovrebbero esserci delle levette di ferro sotto i tasti, c'è un sistema..."
"...cazzo, è vero..."
"... a incastro."
"sessesse... vedo"
"Ci stai capendo qualcosa?"
"No, ma forse sto involontariamente scrivendo il più grande capolavoro letterario di tutti i tempi"
"Se non ti riesce molla tutto e domani ci provo io"
"Credo che una linguetta si sia appena rotta"
"Al, non toccare niente..."
"Aspetta!"
"Domani passo io dopo l'ufficio e ci facciamo una birra"
Hanno bussato alla porta, e con il telefono ancora sotto al mento guardo nello spioncino. Non c'è nessuno.
"Domani sta la partita" dico ad Adriano
"Quindi?"
"Porta molta birra, e ci chiamiamo la pizza"
Bussano di nuovo, e di nuovo non si vede nessuno dallo spioncino.
"Adri, ci sentiamo domani, qui qualcuno mi vuole rompere i coglioni"
"Che è stato?"
"Saranno i ragazzini del piano di sopra che scassano il cazzo con qualche scherzo"
Apro la porta e sono pronto a tirare un allucco nella tromba delle scale, quando mi trovo davanti un paio di tette infinite. Labbra rosse come il sangue, occhi verdi e capelli rossi nascosti sotto un cappellino da lutto, di quelli con veletta sugli occhi. Non credo si portino più cappellini così.
"Adri ti chiamo dopo"
Gli chiudo il telefono in faccia.
Quella rossa mi sbuffa il fumo in faccia "Din. Don." mi dice, apaticamente.
Il suo corpo formoso è strizzato in una sottana nera. Resto a guardarla ancora e lei mi fissa aspettando.
"Non mi fai entrare, Al?"
Mi faccio da parte perché non so cosa dirle. Lei mi entra in casa portandosi dietro una scia di fumo e di profumo. Le guardo il culo e mi chiudo la porta alle spalle.
Lei si siede sul mio divano. Mi butta la cenere per terra e nasconde la faccia dietro ad altro fumo. I suoi occhi si alzano verso di me.
"Tuo padre è morto." mi dice.
"Prima di tutto lui non era mio padre. E poi... è passato un sacco di tempo"
"Quanto tempo?"
"Ma che cazzo vuoi da me? Ma tu chi sei?"
Finalmente mi rendo conto che io questa non l'ho mai vista prima, né si è presentata.
"Atropo"
"Atroche?"
"Mi chiamo Atropo. E tu sei Al."
"Io so chi sono."
"Davvero?"
"Sì. Non so chi sei tu."
"Sono un'amica".

martedì 7 ottobre 2014

Chameleon's Dish - Capitolo I


Questo post non esiste più.

Trovate il perchè QUI e QUI



The Beginning

Sto da due giorni con questo post in mano e non mi decido a pubblicarlo, perché questo nuovo inizio mi spaventa.
Ho avuto un sacco di blog nella mia vita e buona parte di questi blog li ho tenuti per tenermi in esercizio con la mia vena narrativa. Però questo è diverso, vorrei che fosse più professionale, e questo mi crea ansia da prestazione.
Dunque finalmente lo pubblico perché sennò va a finire che questo blog non aprirà mai ufficialmente.
E amen.

Mi stavo chiedendo che fine fa la letteratura nei tempi dei social network.
C'è crisi nel campo dell'editoria.
C'è chi dà la colpa agli ebook, chi da la colpa al sistema in generale. C'è l'editore che vuole vendere puntando sul soldo sicuro, quindi ripubblicando cose che all'estero hanno avuto successo sperando che abbiano altrettanto successo in Italia; c'è l'editore che vuole che gli paghi le spese di stampa e ti promette di farti guadagnare il 10% del totale sulle vendite; c'è l'editore che pensa che sei bravo solo perché hai qualche politico che ti copre le spalle; C'è l'editore che ti fa pubblicare perché sì, ti pubblica il libro gratis, ma tanto tu non vedi un soldo.
Poi ci sono le svariate realtà di internet, dove ti infili in un sito per pubblicarti autonomamente un libro che non verrà mai stampato, scegliendoti pure un'ipotetica copertina. Fai tutto gratis, magari qualcuno ti legge pure, un paio di persone ti commentano e dicono che devi migliorare, e finisce tutto lì, e magari ti vanti pure che sei uno scrittore.
Però io, per quanto mi piaccia fantasticare, non mi definirò mai scrittore fino a quando qualcuno non mi guarderà in faccia e mi dirà che sono uno scrittore. O una scrittrice. E' solo che scrittrice mi suona male, è un termine che squittisce quando lo si dice ad alta voce. Scrttooooore è altisonante.
Non ho mai abbandonato il mio proposito, la mia vocazione. Voglio scrivere e per farlo ce la metto tutta, e magari devo pure migliorare, fare esperienza eccetera. Fatto sta che, una volta che ho tirato craniate contro i paletti che l'editoria in Italia mette sparsi in giro, ho iniziato a cercare qualche via di fuga che possa salvarmi almeno psicologicamente da questo nulla in cui cercano di affossarmi ogni volta che spero in qualcosa.
Per esempio, parlando in giro con chi è nell'ambiente, mi sono sentita dire più di una volta una serie di luoghi comuni indiscutibilmente reali. In pratica pare che in Italia il fantasy non tira, nessuno te lo pubblica. La fantascienza non ne parliamo proprio.
Dovrei scrivere qualcosa che piace al pubblico, che è nella nostra cultura, nelle nostre corde, tipo i polizieschi, le storie di camorra, le storie nere, e i racconti mielosi di realtà quotidiane di gente banale che magari ha preso qualche malattia o ha perso il posto di lavoro. Roba che non è proprio nelle mie corde, in pratica.
Allora, siccome l'idea dello scrittore creativo e romantico che scrive solo sotto ispirazione è una delle idee che ha rovinato generazioni e generazioni di creativi, ho pensato che sì, io ce la posso fare. Posso scrivere un libro che non è per forza nelle mie corde, perché alla fine è fatica, e non posso avere la puzza sotto al naso, non posso essere troppo choosy.
In questo spazio sfogherò tutta la mia vena critica, e scriverò dei post non troppo lunghi, e per questo torno all'incipit di questo post.
Nell'epoca dei Social Network e della gente che preferisce distrarsi piuttosto che pensare, ho notato una certa tendenza alla disinformazione, da un lato, e alla volontà di intrattenere il pubblico della rete, dall'altro.
Non tratterò la disinformazione, perché è un argomento che mi annoia e non mi va di dire banalità, ma per quanto riguarda l'intrattenimento ho deciso di sperimentare una sorta di romanzo di appendice, i cui capitoli saranno brevi, leggibili magari in un morso di tempo tra un post e un altro.
Vorrei sperimentare generi e tipologie di trame diversi, così come stili diversi, in modo da potermi fare le ossa e crescere, mentre nel frattempo porto a termine lavori che vorrei pubblicare con qualche editore serio.
Per crescere c'è bisogno di confronto, e per questo voglio che la gente commenti e mi dica seriamente in cosa c'è da migliorare.
Questo era il mio primo post, e volevo spiegare brevemente le mie intenzioni. Poi magari entrerò più nel dettaglio quando pure le mie idee saranno più chiare.
Buona letttura.